Prospettive sull'energia in forma di ritratto

Thursday, September 30, 2004

Protocollo di Kyoto: la Russia dice sì?

Telenovela infinita.
Riuscirà Putin a far entrare in vigore il Protocollo?
La risposta nelle prossime sedute della Duma.....
Per gli anglofoni sul Financial Times. Per gli italiani Corriere e Repubblica.
Buona lettura a tutti!
Comunque l'effetto serra non è cosi male se vivi in Groenlandia...

Saturday, September 18, 2004


28 Settembre 2003 - Indimenticabile Posted by Hello

Wednesday, September 01, 2004

Archimede, rinnovati entusiasmi e speranze deluse

Dai meandri più reconditi della memoria, avvolti dai fumi della leggenda emergono gli specchi ustori di Archimede di Siracusa. Per la seconda volta negli ultimi venticinque anni la Sicilia tenta di far rivivere il mito del geniale siracusano catturando l’energia dei raggi del sole. I sogni o le aspettative, a seconda dei punti di vista, di molti sostenitori dell’idrogeno sparsi su tutto il globo tornano a passare per questo angolo di Magna Grecia. Cosi come la resistenza di Siracusa all’assedio dei romani era legata al successo degli specchi ustori capaci di bruciare le navi del console ……, allo stesso modo la capacità di sfruttare in maniera economica l’energia solare, consentirebbe al pianeta di porsi la questione dello sviluppo eco-sostenibile sotto presupposti radicalmente differenti.
Dichiarava Rubbia, il padre dell’impianto attraverso l’Enea, il 15 maggio all’innaugurazione della centrale: “Il nuovo solare termodinamico ad alta temperatura, l’energia catturata dagli specchi parabolici ed immagazzinata da un fluido salino, è la terza via delle rinnovabili. Una fonte pulita, perfettamente competitiva, abbondante e sicura. Basta un quadrato di tre chilometri di lato, la lunghezza di una pista di aeroporto, per ottenere la stessa energia di una centrale nucleare. E per giunta è tecnologia italiana…”.
A Priolo in provincia di Siracusa, concepita e realizzata nell’arco di quattro anni sul sito di un impianto turbogas dell’Enel, Archimede ha il compito di dimostrare che l’entusiasmo del premio Nobel si fonda su un progetto capace di far dimenticare l’insuccesso di Adrano, per restare in zona, e di decenni di sperimentazione fallite.
A partire dal 1860 anno del primo brevetto per gli specchi solari, l’evoluzione ha proceduto, come in molti casi del resto, per tentativi ed errori. Dalle tecnologie miste solare-gas che si sono spesso scontrate con rendimenti bassissimi,
Una volta in più la scienza imita la natura: gli specchi di nuova concezione installati a Priolo si muovono durante il corso del giorno come giganteschi girasole tecnologici. Al posto dell’olio minerale viene usata una miscela di sali fusi per accumulare il calore e rilasciarlo generando energia anche quando non c’è il sole. La temperatura infine del vapore viene innalzata da 350 a 550 gradi, paragonabile a quella di un impianto termico tradizionale.
L’impianto pilota ha una potenza installata da 20 MW, il costo dell’impianto oscilla, in fase pre-industriale fra i 100 ed i 150 Euro al metro quadrato. Da un metro quadrato ci si attende di ricavare l’energia equivalente a quella prodotta da un barile di petrolio (che costa quaranta dollari in questo periodo di crisi mediorientale).
Un’area desertica di dieci chilometri produrrebbe 1.000 MW . Secondo stime dell’Enea un’impianto simile potrebbe essere portato a termine in tre anni. Un quadro cosi roseo si scontra con le previsioni dell’International Energy Agency per la quale l’energia solare non costituirà più del 3% del totale dell’energia elettrica prodotta dall’uomo entro il 2030. Quali barriere ostacolano il diffondersi di questa tecnologia: i costi d’impianto e la flessibilità.

Civaux, l’ultima delle nucleari

Horns rev, is it blowing in the wind?

Lardarello, energia dal centro della terra

Durante lo sviluppo del nostro pianeta, particolari fenomeni magmatici fecero risalire i magmi fusi in superficie, in determinate zone della Terra. Oggi, in questi luoghi la crosta terrestre è più sottile ed il calore delle rocce del sottosuolo è dieci volte superiore alla media terrestre. Infatti, a circa 2 Km di profondità, si possono incontrare temperature di 300°C, che solitamente si trovano a 7-8 Km. La temperatura interna del nostro pianeta aumenta infatti a mano a mano che si scende in profondità. Questo aumento della temperatura è detto gradiente geotermico ed è di circa 3 gradi per ogni cento metri di profondità.
Da questa anomalia della conformazione della crosta terrestre, l'energia geotermica, contenuta sotto forma di calore nelle rocce del sottosuolo.
Per poter utilizzare questo calore del sottosuolo, è necessario un mezzo "di trasporto" che solitamente è l'acqua che circola sotto terra. A contatto con il calore delle rocce, l'acqua, si riscalda e formai serbatoi geotermici, dove l'alta temperatura è mantenuta da uno spesso strato di rocce impermeabili.Per ottenere energia, vengono prodotte artificialmente - o esistono già naturalmente - delle aperture - "fratture" nel caso siano state create dalla natura - come i pozzi. Nelle manifestazioni naturali una diminuzione di pressione e un'immediata fuoriuscita d’acqua calda, sotto forma di vapore dà luogo ai famosi soffioni boraciferi.
L'Italia è stato il primo paese al mondo a sfruttare l'energia geotermica, con il primo impianto di generazione realizzato nel 1913 a Larderello.
Attualmente sono attive centrali geotermiche a Larderello, Travale e Monte Amiata (in Toscana) e forniscono circa l'1,5% della produzione totale dell'energia elettrica nazionale. Enel gestisce in Italia 34 centrali geotermiche (26 delle quali nell'area boracifera tradizionale) per un totale di 700 MW di potenza installata.
Agli inizi del 2000 risultavano installati nel mondo impianti geotermici per una potenza totale di circa 8.000 MW, con una produzione di energia elettrica di circa 50 TWh. I Paesi guida sono: Usa, Nuova Zelanda, Italia, Islanda, Messico, Filippine, Indonesia e Giappone. Nel medio e lungo termine si prevede uno sviluppo della tecnica basata sull'utilizzo di rocce calde secche (hot dry rock) situate in profondità.
Gli esperti di molti Paesi, tra cui Usa, Giappone, Inghilterra, Francia, Germania, Belgio e Italia, stanno studiando la possibilità di perforare pozzi in zone dove non ci sono serbatoi naturali, e di iniettarvi acqua per farla scaldare dal calore della Terra, farla risalire da altri pozzi e infine utilizzarla come fluido energetico.
Già nel paleolitico fumarole, lagoni, geygers, getti di vapore, sorgenti d'acqua calda ed esalazioni di gas erano noti. Fenomeni suggestivi, attribuiti forse a divinità sotterranee che successivamente vennero utilizzate da Etruschi e Romani soprattutto per le cure termali: vicino Larderello si trovavano due importanti stabilimenti, le Aquas Volaternas e le Aque Populanie.
Il Medioevo rappresentò un periodo di stasi, ma con l'arrivo dell'anno Mille, anche l'estrazione e l'uso dei prodotti associati alle manifestazioni geotermiche ripresero. Un mercato che divenne fiorente nel Rinascimento, tanto da generare continue dispute tra le varie città toscane per il possesso delle aree termali. All'epoca venivano studiate e applicate le proprietà terapeutiche dell'acido borico - acque, fanghi ed esalazioni gassose - nella cura delle più varie malattie.Nel 1799, Paolo Mascagni, celebre anatomico, fisiologo e chimico, descriveva il metodo, da lui brevettato, per l'utilizzazione del calore naturale a mezzo di caldaie metalliche interrate in aree di "manifestazioni fumaroliche", e suggeriva la possibilità di utilizzare il calore naturale per l'evaporazione delle acque dei lagoni.Si dovette però attendere il 1812 per la costituzione di una società che per prima tentasse l'utilizzo industriale dei sali borici delle manifestazioni di Larderello con i metodi proposti da Mascagni, che purtroppo fallì l'esperimento per ragioni organizzative ed economiche.
In seguito, fu Francesco De Larderel ad avviare l'utilizzo industriale dell'acido borico e a fondare l'attuale area industriale e lo stesso paese che ha preso il suo nome: Larderello. La fabbrica e la vita sociale furono organizzate in funzione dell'attività industriale e nel 1849 De Larderel elaborò il Regolamento Generale nel quale si stabiliva l'organizzazione delle attività lavorative e tutte le altre attività sociali.
Finalmente, nel 1904 il Principe Ginori-Conti riuscì a trasformare la forza del vapore in energia elettrica accendendo cinque lampadine. Undici anni dopo, nel 1915, entrò in esercizio la prima centrale geotermica, la N° 1, con due gruppi da 2.570 KW di potenza installata e con torri di raffreddamento in legno.Da allora la produzione di energia elettrica da vapore endogeno ha avuto un grande sviluppo mettendo in esercizio molte centrali geotermiche. La prima fase consiste nell'individuazione del serbatoio geotermico: il sottosuolo viene investigato mediante apposite prospezioni per valutarne le caratteristiche. Una volta individuato un sito, con un serbatoio geotermico promettente si passa alla fase di esplorazione profonda. Se i pozzi esplorativi confermano le indicazioni degli studi geoscientifici, si può passare alla fase di utilizzo, mediante i pozzi di produzione/reiniezione e le centrali geotermoelettriche. I limiti di profondità che attualmente è possibile ed economicamente conveniente raggiungere con la perforazione sono di circa 5000 metri.
Dai pozzi il vapore, tramite vapordotti (tubazioni in acciaio coibentato), viene trasportato alla centrale geotermoelettrica per essere immesso nella turbina (una macchina ruotante che trasforma parte del contenuto energetico del vapore in energia meccanica). È poi compito del generatore di corrente, o alternatore, trasformare l'energia meccanica di rotazione della turbina in energia elettrica.All'uscita della turbina il vapore passa nel condensatore, dove una pioggia di acqua fredda proveniente dalle torri di refrigerazione lo raffredda condensandolo. Una frazione del fluido così ottenuto viene reintrodotta nel sottosuolo mediante appositi pozzi di re-iniezione. Il rimanente evapora nelle torri di refrigerazione ed è immesso nell'atmosfera.
La re-iniezione permette di mantenere in equilibrio l'ecosistema grazie alla restituzione di parte delle sostanze estratte; inoltre, restituendo parte del fluido, si riesce a prolungare l'efficienza del serbatoio. Dalla centrale geotermoelettrica escono quindi gli acquedotti che portano i fluidi al sistema di reiniezione ed i conduttori elettrici che portano l'elettricità alla stazione di trasformazione
Oggi in Toscana, la geotermia copre il 25% del fabbisogno energetico. Il centro nevralgico dello sfruttamento è nella zona boracifera di Larderello. Qui l'utilizzo della fonte geotermica si è dimostrato praticabile ed efficiente: le centrali geotermiche producono circa 5 miliardi di kWh di energia elettrica pari al fabbisogno energetico di circa 2 milioni di famiglie italiane. In questo modo vengono risparmiate 1.100.000 tonnellate equivalenti di petrolio ed è possibile evitare l'emissione di 3,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica.Enel ha recentemente applicato con successo una nuova tecnologia proprio nel settore geotermico: il processo AMIS (Abbattimento Mercurio e Idrogeno Solforato) già in funzione su alcuni impianti, che ha raggiunto eccellenti risultati permettendo l'abbattimento in altissime percentuali del mercurio e dell'idrogeno solforato.

Drax, agonia di un gigante

4.000 MW, la più grande centrale a carbone d’Europa, 6 gruppi da 660 MW ciascuno, 24 TWh di produzione media annua, circa l’8 percento della domanda inglese. Per i non addetti ai lavori, si tratta dell’energia sufficiente per i bisogni di due città della dimensione di Roma.
Solo pochi numeri per dare un’idea del rilievo del gigante dello Yorkshire. Pochi dati per cominciare a raccontarne la sfortunata parabola Un’altra storia da aggiungere all’infinita sequela degli epigoni di Golia, i colossi dalle fondamenta d’argilla? Sicuramente, ma non soltanto. Anche un caso emblematico dei fallimenti di un mercato, come quello dell’elettricità, nel quale l’integrazione verticale continua ad essere la migliore delle assicurazioni. Con buona pace dell’efficienza dei mercati.
Un tracollo che si spiega per due macro motivi: i prezzi all’ingrosso dell’elettricità sono crollati del 40 percento in Gran Bretagna fra il 1999 ed il 2002, TXU Europe, il maggiore cliente della centrale, che comprava il 60% della produzione per rivenderlo ai clienti industriali in Inghilterra e nel Galles non ha onorato i propri impegni.
L’impianto di Selby, costruito in questo luogo per sfruttare la prossimità delle miniere di carbone aperte nel 1974, è entrato in attività nel 1986. Le caldaie sono state costruite dalla Babcock Power Ltd e le turbine da Parsons. La centrale era stata “ambientalizzata” mediante l’installazione di FGD (delsoforizzatore) a partire dal 1988.
Significativamente Drax è l’ultimo impianto a carbone costruito nel Regno Unito. Negli anni novanta era infatti cominciata la “corsa al gas”, favorita anche dalla politica industriale e sindacale della signora Thatcher, ed il dominio tecnologico dei cicli combinati che rendevano non attraenti progetti costosi e complessi come quelli necessari per costruire giganti di simili proporzioni.
Nel 1999, nel pieno del tentativo di espansione in Europa degli operatori americani, AES compra Drax per tre miliardi di dollari. La storia seguente all’infausto affare è nota ai più: l’azione del regolatore britannico per spezzare il duo-polio National Power - PowerGen, combinato con l’avvento del Neta, l’addio alla borsa obbligatoria e l’integrazione verticale dei principali operatori provoca il tracollo dei generatori puri.
Drax è gestito attualmente da un board indipendente nominato dai creditori che vantano un monte crediti di circa 2 miliardi di dollari. Negli ultimi dodici mesi numerose tornate d’asta si sono susseguite per cercare di vendere il gigante di Selby. Ad agosto sembrava fatta quando BHP Billiton, uno dei principali gruppi minerari al mondo frutto della fusione degli australiani di BHP e dei sud-africani di Billiton aveva offerto di pagare una quota significativa del debito al 70% del suo valore nominale. Il razionale dell’operazione? Rompere il contratto di fornitura del combustibile attualmente siglato con le miniere locali e importare il più conveniente carbone sud-africano. L’impatto atteso sull’occupazione dei minatori della zona ha fatto si che la questione divenisse politicamente troppo scomoda per condurre in porto l’affare (nulla di nuovo sotto il sole).
Una nuova tornata è in corso in questi giorni ma gli esiti sono tutt’altro che scontati in un mercato nel quale circa un terzo della capacità installata (22 GW) è di fatto di proprietà delle banche ed in vendita.