Prospettive sull'energia in forma di ritratto

Wednesday, November 12, 2008

La politica energetica europea: oneri e futuri onori

Il principale obiettivo dell’Unione europea con riferimento al settore energetico è la realizzazione di un sistema economico a bassa intensità di anidride carbonica e alimentato per una quota consistente da fonti rinnovabili. Il conseguimento di tale traguardo è subordinato alla creazione di una serie di competenze nuove e diverse da quelle che sono state sviluppate dalle imprese energetiche del passato. Per l’Italia, raggiungere i goals stabiliti in sede europea comporterà un incremento degli investimenti nei settori delle rinnovabili e della promozione dell’efficienza energetica pari a 20 miliardi di euro. Finora il nostro paese ha fatto fatica a tenere il passo dei partner europei, sia sul fronte della penetrazione delle rinnovabili nel sistema energetico che su quello della creazione di filiere produttive nei settori collegati. Per consentire all’Italia di colmare il gap che la separa dagli altri Paesi europei è necessario aumentare i fondi destinati alla ricerca, ma anche e soprattutto agire sul quadro normativo al fine di fornire agli operatori privati un contesto certo all’interno del quale sviluppare strategie di business di medio e lungo periodo che consentano di riguadagnare terreno.


http://www.i-com.it/dettaglioNews.asp?idNews=215&hdnIdVoceMenu=23&hdnIdA

Cosa serve all’Italia per eccellere nelle rinnovabili?

Vincere la sfida delle energie rinnovabili nel nostro paese è una priorità, la cui importanza è ormai chiara a tutti anche in questi tempi di crisi finanziaria e di rinnovata passione per il nucleare.

Si ragiona sovente, fra gli addetti ai lavori, su quali siano le cause dell’evidente ritardo del sistema Italia rispetto ai concorrenti europei. Fra gli autorevoli partecipanti al dibattito si discute spesso di quanto dovrebbero essere grandi gli incentivi di stato necessari per sostenere e stimolare gli interventi previsti.  Ci si arrovella soventemente per tentare di spiegare un fatto scomodo ma evidente: a parità d’incentivi offerti ai produttori di energia,  anzi, in alcuni casi, pur in presenza di incentivi più alti dei principali concorrenti europei, il nostro paese non figura assolutamente in prima linea fra quelli che si distinguono nel panorama internazionale.

Per tentare di comprendere questo apparente mistero, la teoria economica, l’esperienza, e il buon senso ci consentono di elencare una serie di fattori per fare luce sulla situazione italiana: le caratteristiche geografiche e demografiche del territorio, la certezza  e la trasparenza delle regole e le procedure d’autorizzazione dei siti. Analizziamo ciascuno dei tre potenziali candidati per chiarire cosa stia accadendo in Italia.

 Da un punto di vista geografico, l’Italia con la sua alta densità di popolazione, l’assenza di venti oceanici costanti e il territorio largamente urbanizzato o montuoso potrebbe apparire sfavorita per la produzione di energia eolica o da biomasse rispetto ai paesi che dispongono di grandi superfici semi-desertiche come la Spagna o di siti ventosi come quelli che si affacciano sul mare del Nord. Se però, pensiamo invece all’irraggiamento solare, che è estremamente più intenso nel paese di “’O sole mio” piuttosto che in tutti gli altri membri dell’Unione Europea ad eccezione della Spagna e della Grecia, risulta evidente che la situazione di vantaggio sia addirittura inversa per le tecnologie solari: siano esse fotovoltaiche o termodinamiche. Si consideri comunque per adesso dirimente sulla relativa non importanza dei fattori geografici il successo di un paese come la Germania. Non particolarmente dotato dalla natura la Germania è divenuta saldamente leader negli ultimi 15 anni in tutte le tecnologie rinnovabili.

Vi è invece pressoché unanime consenso fra gli addetti ai lavori sull’importanza primaria della stabilità delle regole. Gli investitori stranieri sono molto sensibili su questo punto. Essi non possono non inorridire di fronte, all’eccesso normativo e alla frammentazione legislativa del nostro ordinamento. Alla regolazione con 350 delibere per anno, una quota significativa delle quali viene impugnata di fronte al TAR e al consiglio di Stato. Senza stabilità del quadro regolamentare la nostra economia non riesce ad attrarre capitali dall’estero e deve ricorrere a capitali domestici che vanno stimolati offrendo un rendimento più alto in modo tale da compensare gli investitori per il rischio che non riescono a mitigare. Se ci limitiamo al solo settore fotovoltaico si pensi che la Germania con un unico provvedimento del 2003 è riuscita  a creare un meccanismo virtuoso che ha generato il primo mercato al mondo mentre in Italia sia passati dal meccanismo con incentivi in quota capitale del programma “Tetti fotovoltaici” agli incentivi alla produzione del cosiddetto “Conto Energia” che ha richiesto finora 3 successivi provvedimenti di riforma nel 2005, nel 2006 e nel 2007, ciascuno introducendo regole e incentivi parzialmente diversi.

Se poi infine –last but not least- focalizziamo la nostra attenzione sugli aspetti autorizzativi non riusciamo ad esimerci dal manifestare sdegno verso un meccanismo federalista che pone l’imprenditore di fronte ad una pletora di meccanismi differenti che  cambiano di provincia  in provincia imponendo talora pesantissimi oneri d’informazione o dando spazio in altre occasioni ad un pressoché selvaggio liberismo. Colui il quale tentasse di tracciare su una mappa l’insieme delle differenti regole e consuetudini lungo il territorio nazionale ne ricaverebbe una forte sensazione di stordimento. Un po’ come se ci ritrovasse da pellegrini medioevali ad esser soggetti al continuo cambiamento delle monete e delle unità di misura imposte dai signori feudali locali. Per riportare questi concetti astratti ad una misura tangibile, si noti che per l’autorizzazione di un impianto fotovoltaico da 1 MW nella regione Puglia sono richiesti documenti che pesano complessivamente non più di 200 grammi mentre in Sicilia per la stessa tipologia d’impianto è necessario “produrre carte” per circa 20 chilogrammi. Si gettano quindi, in questo modo le basi per la nascita di rendite di posizione di quelle figure professionali che nel gergo dell’energia si chiamano ‘developer’, professionisti del pezzo di carta.

Certezza delle regole, uniformità, velocità  e standardizzazione del processi autorizzativo. Questi sono gli elementi che consentiranno a nostro avviso all’Italia di eccellere nel settore delle energie rinnovabili, con risparmi tangibili sulle bollette di tutti i cittadini e impatti positivi sull’ambiente che ci circonda.

Monday, October 20, 2008

Le rinnovabili al tempo della crisi

Soddisfare i bisogni energetici del pianeta e del nostro paese è una sfida fondamentale, la cui urgenza è ormai chiara a tutti. E per raggiungere questo obiettivo servono grandi investimenti: secondo fonti autorevoli saranno necessari almeno 20 miliardi di Euro entro il 2020 per dotare l’Italia d’infrastrutture energetiche da fonti rinnovabili sufficienti a rispettare gli impegni europei. A livello globale l’International Energy Agency stima investimenti necessari annui pari a 3,4 milioni di miliardi da oggi al 2050.  

E’ possibile mettere in campo simili quantità di risorse nei tempi difficili della crisi finanziaria che stiamo vivendo? Come sarà possibile reperire i fondi necessari?  In un contesto sociale ed economico caratterizzato dalla ricerca sempre più spasmodica di opportunità di tagli ai bilanci pubblici per recuperare i mezzi senza i quali il sistema bancario e finanziario non sembra poter ripartire, l’incentivazione delle rinnovabile non è forse un lusso che non possiamo più permetterci?

Cercheremo di mostrare che è possibile conciliare crisi e innovazione energetica, e di considerare  la sfida delle rinnovabili da un punto diverso. Se per il pianeta la sfida globale è trovare risposte sostenibili che consentano di produrre energia “verde” in abbondanza e a costi ragionevoli, per un singolo paese come l’Italia, l’impegno non è solo quello di dotarsi d’infrastrutture energetiche in linea con le tecnologie più moderne ma anche e soprattutto riuscire a sviluppare un sistema di ricerca scientifica e tecnologica e di produzione d’impianti per i propri bisogni e per il mercato globale.

Vale la pena ricordare che, fino alla metà degli anni novanta, l’Italia era piazzata non peggio dei concorrenti europei. La centrale di Adrano, inaugurata nel 1981, aveva precorso i tempi del solare a concentrazione, gli impianti di produzione di turbine eoliche a Taranto e di pannelli fotovoltaici a Nettuno erano fra i più importanti siti produttivi d’Europa, la centrale fotovoltaica inaugurata da Enel nel 1993 a Serre in provincia di Salerno era la più grande del mondo.  Tutto poteva lasciarci sperare finché le rinnovabili erano poco più che una curiosità accademica.  D’un tratto alla metà degli anni novanta, quando “il gioco si è fatto serio” e hanno cominciato ad affluire nel settore importanti investimenti la crescita ha rallentato, si è inceppata ed il divario fra le realtà nazionali ed i concorrenti esteri è cresciuta fino a diventare quasi incolmabile.

Questo tipo di parabola discendente di sviluppo, posizione d’avanguardia quando il mercato è primordiale che si tramuta in sostanziale sottosviluppo quando il settore giunge alla maturità, non è circoscritta al settore energetico. Si pensi che nel nostro paese vive il presidente del consorzio MPEG, quel Leonardo Chiariglione, che con i suoi studi da dipendente Telecom per la video telefonia ha reso possibile la creazione dello standard su cui oggi gira una fetta considerevole della musica on-line. Tutta questa innovazione non ha apportato sostanzialmente alcun beneficio concreto a Telecom Italia e al nostro paese. Ancora una volta eravamo fra i primi ai convegni, ma non abbiamo saputo tramutare questo vantaggio di conoscenze in un fattore di vantaggio competitivo tale da stimolare la creazione d’imprese.

Cosa manca quindi? Sicuramente il sistema finanziario, lo stimolo alla creazione d’imprese e la crescita dimensionale accelerata che solo un certo tipo di finanza può garantire ottenendo vittoria sulla legge lenta dell’autofinanziamento. Il private equity ha consentito in molti paese la creazione di aziende competitive su scala globale guidando sulla via della crescita generazioni d’imprenditori di matrice prettamente tecnologica.

Torniamo al caso dell’energia e riflettiamo sul fatto che nel solo 2007 gli investimenti dei fondi di private equity nelle rinnovabili sono stati pari rispettivamente a circa 11.4 nel contro i 3.3 miliardi di euro del  2004 con una crescita di circa il 300%. Ancor più significativo per leggere l’importanza di queste cifre è fare il raffronto fra quanto “pesavano” gli investimenti in energia sostenibile nel 2006 (9% del totale) e quanto incidevano invece nel 1999 (meno dell’1%). Insomma, gli investitori stranieri stanno spostando massicciamente i loro capitali verso l’energia sostenibile in coerenza con l’unanime consenso sull’importanza sempre crescente del tema. Per contro in Italia i fondi d’investimento attivi nel settore delle rinnovabili e delle tecnologie verdi sono meno di una decina con capitali largamente inferiori agli investimenti statunitensi di un solo anno.

I risultati di questo ritardo sono sotto gli occhi di tutti, in rapida carrellata geografica assolutamente non esaustiva: in Germania ci sono 8 aziende  quotate in borsa   attive nel fotovoltaico, la  Cina risponde con una pletora di aziende di successo fra le quali spicca SunPower, regina delle quotazioni al Nasdaq nel 2005 che capitalizza ormai 2,4  miliardi di Euro, la Danimarca è fiera del suo gigante eolico Vestas, gli spagnoli possono rispondere con Gamesa sempre nell’eolico e Isofoton nel solare. I norvegesi vantano l’imprenditore nelle rinnovabili più ricco del mondo grazie alla capitalizzazione da 10.2 miliardi di  di REC e gli indiani sono scesi pesantemente in pista con la loro Repower produttrice di torri eoliche. Gli israeliani di Soleil giurano che giocheranno da protagonisti nel solare termodinamico e in California e tutto un fiorire di start-up nel campo. 

In Italia abbiamo qualche iniziativa, in alcuni casi anche portata avanti con lodevole sforzo e competenza imprenditoriale, magari anche da personaggi che hanno fatto storia nei rispettivi campi di provenienza per molti decenni. In tutti i casi nostrani però il raggiungimento di una soglia dimensionale critica tale da rendere possibile una vera competizione internazionale è ben lungi dall’arrivare. E’ questo il senso della sfida. Questo il terreno sul quale dovremo impegnarci se intendiamo trasformare in un’occasione la risposta alle necessità ambientali ed energetiche dei nostri anni.

Monday, November 19, 2007

Discussione sul Climate Change al XX World Energy Congress

Al WEC

Wednesday, February 07, 2007

L'incentivazione delle fonti rinnovabili nel mercato italiano

L’affidamento degli investitori è un interesse che deve essere tutelato se si intende promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili in un contesto liberalizzato. Pertanto è necessario orientare la regolamentazione su due cardini:
Chiarezza delle norme;
Certezza della loro applicazione.

Il sistema dei certificati verdi ha subito via via una serie di modificazioni volte ad intervenire su una pluralità di aspetti. In relazione ai mutamenti intervenuti e ad un possibile (e auspicabile) cambio di rotta è, in ogni caso, fondamentale tutelare gli interessi di coloro che hanno preso decisioni e avviato investimenti nel corso degli ultimi anni.

Nel quadro di un ripensamento più generale dello scenario regolamentare dell’incentivazione delle rinnovabili, pur consapevoli che ogni sistema regolatorio possa presentare pregi e difetti, esprimiamo il nostro favore verso l’adozione di un sistema d’incentivazione in tariffa (feed-in tariff) per le seguenti ragioni:

Sviluppo di una pluralità di fonti rinnovabili: attraverso l’introduzione di tariffe differenziate per fonte/tecnologia (in alternativa al prezzo unico dei Certificati Verdi che induce gli investitori a focalizzarsi sulla tecnologia economicamente più conveniente al momento della decisione);
Minimizzazione delle distorsioni e sviluppo della competizione;
Semplicità e sicurezza dei ricavi, che garantiscono una maggiore facilità di finanziabilità dei progetti;
Armonizzazione della normativa a livello europeo: si tratta del metodo di gran lunga più diffuso all’interno dell’Unione.

Le nuove tariffe, determinate con riferimento al costo pieno medio delle diverse tecnologie, potranno essere applicate ai nuovi impianti entrati in esercizio dopo un determinato periodo (es. 6 mesi) dalla diffusione delle stesse.

Friday, December 01, 2006

L'Italia e l'energia: discorso in forma semplice

Alla metà degli anni novanta, l’Italia, epigona dell’esperienza inglese e scandinava nel processo di liberalizzazione, si è trovata in condizioni del tutto particolari e specifiche ad avviare la trasformazione dei propri mercati dell’energia, in particolare:

  • La scelta anti-nucleare del 1985 la rendeva il solo grande paese europeo a non poter utilizzare questa fonte per la produzione termoelettrica. Si noti inoltre che lo sviluppo del parco di generazione era stato fino a quella data orientato alla creazione di una flotta nucleare di un certo rilievo (Trino, Corso e la costruendo Montalto di Castro erano soltanto i primi esempi). E’ inutile sottolineare che la pianificazione di un sistema energetico non è un’attività che si presti con favore alle brusche inversioni di tendenza;
  • La bassa incidenza della produzione da centrali alimentate a carbone, frutto delle differenti dotazioni di carbone nazionale rispetto ai partner europei e di un diffuso sentimento di ostilità a livello locale verso questo tipo di impianti;
  • Il relativo “isolamento” del nostro sistema elettrico, frutto di contingenze geografiche ineludibili come le Alpi e di vicende autorizzative che hanno varcato la soglia del settore energetico per divenire paradigma della difficoltà di realizzare opere sistemiche nella penisola (si pensi alla Matera-Santa Sofia);
  • La conseguente dipendenza dal petrolio per la generazione di energia elettrica, stigmatizzata in più sedi tanto per i suoi risvolti economici sulla competitività del paese che per i suoi connessi rischi geopolitici.

In questo quadro, come è evidente, la liberalizzazione con la conseguente creazione di mercati della generazione e del trading di elettricità in particolare, ha provocato un mutamento nel sistema degli incentivi e nei comportamenti degli attori del sistema elettrico nazionale:

  • Come in molti altri paesi, gli operatori privati che ottimizzano la posizione di rischio/rendimento dei propri investimenti si sono orientati in massa verso la tecnologia del ciclo combinato alimento a gas;
  • L’Italia nel corso del primo decennio del terzo millennio sta dando vita ad un massiccio processo di trasformazione del proprio parco produttivo(12 GW di repowering e 8 GW di Greenfield) che ha già reso e renderà la nazione sempre più dipendente dal gas;
  • In molti si sono chiesti se questo passaggio al gas, pienamente coerente con la logica economica sottostante alla creazione di un mercato libero concorrenziale, possa rispondere ai problemi di concorrenzialità del paese e di sua sicurezza geopolitica che si erano manifestati nel corso degli anni novanta a seguito della dipendenza dall’olio combustibile;
  • Finché il prezzo del gas rimane allineato a quello del petrolio e le previsioni sono che questo stato delle cose permarrà nel futuro è difficile che significativi vantaggi competitivi economici possano essere sfruttati;
  • Se consideriamo poi che i giacimenti rimangono nelle mani concentrate di alcuni potenti attori stranieri risulta ardua quantificare anche un miglioramento in termini di rischio geopolitico. L’emergenza gas dell’anno scorso serva a tutti noi da monito.
  • Vorrei infine riportare la vostra attenzione sulle scelte di programmazione sulle infrastrutture di trasporto del Gas Naturale (gasdotti e rigassificatori) che nel timore della sempre temuta “Bolla Gas” hanno finora esacerbato la nostra posizione di debolezza nazionale.

Quali risposte si attende quindi allo stato attuale il mondo energetico per contribuire al rilancio del sistema Italia? Proponiamo una visione

  • Coniughiamo liberalizzazione e programmazione in modo tale da incentivare gli incentivi economici dei privati con le esigenze strategiche di un paese che ha bisogno di una pluralità di fonti e tecnologie differenti. In questo quadro diamo stimolo al carbone che è l’unica risposta nel breve-medio periodo per equilibrare il parco di generazione nazionale;
  • Sviluppiamo le reti di trasporto dell’energia. Senza timori di Bolle, senza distrazione di investimenti e risorse pagate dai consumatori italiani per percorrere avventure estere di non chiaro fine;
  • Sosteniamo gli investimenti attraendo capitali (anche stranieri) con la stabilità della regolamentazione (negli ultimi anni l’Autorità ha viaggiato al ritmo di 300 delibere all’anno, delle quali circa 100 impugnate);
  • Riconsideriamo l’anomalia nucleare. Alla luce dell’evoluzione tecnologica (reattori di terza e quarta generazione) e di quanto avviene nei paesi vicini, si pensi alla Finlandia, al progetto EPR, etc. Si tratta di un obiettivo di lungo periodo (i tempi per ricostruire un sistema nucleare in Italia si misurano nell’arco dei decenni), ma è importante partire subito;
    Teniamo nel giusto conto la chimera delle rinnovabili (Obiettivo della direttiva Europea 25% da fonti rinnovabili in Italia vs. 16% quota attuale). Queste fonti sono sicuramente un elemento imprescindibile per il futuro del nostro paese ma per i prossimi 20 anni dato lo stato attuale delle tecnologie non possono essere considerate una risposta ai bisogni di energia nazionali.

Thursday, September 30, 2004

Protocollo di Kyoto: la Russia dice sì?

Telenovela infinita.
Riuscirà Putin a far entrare in vigore il Protocollo?
La risposta nelle prossime sedute della Duma.....
Per gli anglofoni sul Financial Times. Per gli italiani Corriere e Repubblica.
Buona lettura a tutti!
Comunque l'effetto serra non è cosi male se vivi in Groenlandia...

Saturday, September 18, 2004


28 Settembre 2003 - Indimenticabile Posted by Hello